Succede che mi ritrovo in televisione, io che non l’ho e ho imparato a ripetermi e ripetere che è qualcosa che sta sotto, ogni tanto addirittura nella differenziata (spocchioso che sono, a cadere nelle abitudini). Ma poi, visto che son lento, capisco e imparo che è un grande ingranaggio di quest’orologio incessante, e che la si può usare e che può servire per veicolare messaggi, per far conoscere mondi nascosti e giocare in modi differenti.
Per fortuna ho imparato che sono fortunato e quel mondo non mi ha mangiato, ma è servito a tantissima gente per scoprire nuovi respiri. Ho ricevuto mille sorrisi e ne ho vissuti mille volte tanti, per qualcosa che ho imparato a fare in anni di divertente impegno.
Sono anche un bambino che si meraviglia con le luci riflesse, uno che crede che una volta in viaggio, si può sedere e vivere di rendita senza sforzo, uno che ha bisogno infinito di sostegno e che si bea dei plausi.
Ieri ho fatto un errore, ieri ho visto l’effetto del mio errore sulle persone che, più che gentili, mi hanno concesso fiducia. Mi spiace esser così lento da aver bisogno di sbagliare per capire, ma spero di non farlo troppe volte.
Ieri le nuvole nere della mia insicurezza, unite al rumore di coincidenze e al buio di persone a carica negativa, hanno ingrossato una piccola tempesta che ha fulminato più me (spero) che chi l’ha vista scatenarsi, autodistruttiva, sul palco.
Come ho detto, son fortunato, quindi ho tanti amici che mi sanno accettare e sostenere, aiutare e indirizzare, sanno farmi ritrovare il suolo saldo che serve per costuire quel che si vuole duraturo. Serve duro lavoro, anche nel più leggero degli impegni, se si vogliono risultati.
Mentre mi aggrottavo nel valutare l’impatto dell’uragano, son tornato a giocar con le parole, che è il mio campo da gioco, il mio campionato, il mio sport, e, dopo averci giocato, appunto, ho sentito quanto sia forte e pericoloso, il fuoco, in tutte le sue accezioni.
Ora, come spero di imparare dalle fenici, voglio impegnarmi di nuovo a impegnarmi di nuovo per costruire ponti.
A volte è il divampare, a volte la calma che infonde, a volte la vita e altre la distruzione. C’è qualcosa, in quasi tutto, che quando ti fermi e la guardi, ti cambia gli occhi.
Non so molto, ma ho imparato che quella forza che ti brucia dentro è motore che spinge o, nel buio, perpetua la minima luce di sopravvivenza. Ci son momenti in cui il vento di ciò che passa aumenta l’ossigeno e splendi di più, ma il segreto del brillare è il giusto tempo, la costanza e la qualità di quel che consumi.
L’unione si sa quel che fa, ma non tutte le energie sono uguali, e quando si perde la concentrazione e l’attenzione su chi si abbraccia, si rischia di svanire, fagocitati da un fatuo bagliore effimero.
Soli, bisogna ricordare di non essere fulcro, ma parte.
Inquadrare il necessario e imparare negli occhi altrui come illuminare, rischiarare, accendere e scaldare. Non sempre la prima scintilla è ignizione, ma in fondo, infondere forza in quel che si prova a creare è quel che possiamo, quel che dovremmo chiedere sempre a noi stessi.
Chiarisco:
la fortuna di essere scoperti, a volte ci rende più forti, se si sa come incanalare le energie; ma capita che il lavoro che si è fatto per prosperare ci sembri infinitesimo, quando siamo oggetto di attenzioni.
Ho perso di vista quel che serve davvero, e sono chi critico, non posso e non voglio dare la colpa di ciò che sono e faccio, ad altri o al tempo e le coincidenze (che sono il modo che ha il caos di raccontarci storie), voglio esser denso spirito e corpo. Dalle onde di buio, si rivive con impegno, forza, studio e sacrificio. Sempre.
Capisco benissimo chi si spegne, ma sinora ho creduto al maggior valore del provare a cambiare le cose. E spesso bisogna guardare nell’abisso che ti guarda, per ritrovare la luce.
Spero di non fare terra bruciata, ma se passando vi ho scottati, amici, non esitate:
fuoco!
Scalda il cuore, come sempre 😉
Fantastica, complimenti.
Hai creato delle immagini meravigliose di forza , coraggio e umiltà. Bellissimo! Fuoco!